venerdì 30 settembre 2011

In Solitude

Quando si sta male, si è indisposti, lo stomaco minaccia di respingere anche l'aria e la vista del cibo provoca quasi la febbre ci si vorrebbe seppellire sotto un cumulo di coperte e trapunte, circondati di beveroni fumanti e aspettare - in letargo - che la penosa condizione sparisca da sola. O almeno è quello che desideravo fare.
Se nemmeno nell'angolo più remoto della casa riesco a stare in pace perché seguita a ruota da quelle rivoltanti cimici verdi che trapanano il cervello con il loro pressante e irregolare ronzio, mai che si schiantassero una buona volta!, l'unica soluzione è trovare un'occupazione che mi assorba totalmente e mi permetta di trovare un attimo di pace.
Così in un impeto di isterismo (adesso vorrei prendere tutti quegli ipocriti che dicono di trovare carine le cimici - carine! - e ficcarli in camera mia per un'ora, poi vediamo se non diventano isterici pure loro) mi sono tuffata a pesce nello scaffale dei libri e ne sono riemersa con una raccolta di racconti firmata Edgar A. Poe.
Inutile dire che il mio cervello è immediatamente andato in brodo di giuggiole, col risultato che da una settimana a questa parte mi pare di vivere in una più moderna parentesi dell'epoca vittoriana.
E il disegno ne risente.
Ah, Poe ♥
Alle tre del mattino, dopo due film horror e un sacchetto di patatine, leggere i suoi racconti del terrore non ha prezzo.

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